giovedì 31 dicembre 2009

2010: "Verso l'infinito e oltre" (Buzz Lightyear)

Vorrei lasciare questo 2009 con un pensiero molto sentitissimo profondissimo sulla vita, sull'intelligenza, sulle capacità umane, sulle relazioni ma soprattutto sul problema Uno, e cioè sulle diverse percezioni che maschietti e femminucce hanno delle cose, delle relazioni, della vita.

L'augurio finale è rivolto a tutti noi, all'umanità intera; è l'augurio che le cose vadano sempre verso il meglio, verso una crescita interiore, verso il progresso, con lo sguardo rivolto alle nuove generazioni serbando nel cuore la grande speranza che loro sappiano fare di più di quello che abbiamo fatto noi finora, con maggiore consapevolezza, e che rendano il mondo in cui viviamo un posto migliore.

Auguri sinceri,
vostra Zazie.

(p.s. Mi dispiace per la spoilerata dell'augurio di stasera a reti unificate. Ops.)

Il mio pensiero si intitola: "Prendete un gesso, due quattordicenni e una lavagna"
sottotitolo: "Quarant'anni di evoluzione"

1970
La ragazza faceva questo


Il ragazzo faceva questo


1980
La ragazza scriveva CIAO con un puntino sulla i grande come tutta la lavagna


Il ragazzo faceva questo


1990
La ragazza faceva questo


Il ragazzo faceva questo


2000
La ragazza faceva una lista di tutte le bimbeminchia amiche


Il ragazzo faceva questo


2010
Il ragazzo farà questo


La ragazza, in quarant'anni, avrà finalmente imparato a disegnare una vagina?

Con l'augurio che la civiltà occidentale progredisca, soprattutto in quanto riguarda all'ammmore maiuscolo, vi auguro un felicissimo anno 2010.

lunedì 28 dicembre 2009

verso il 2010

... e adesso vorrei trovare una mappa nuova, magari nascosta nelle assi di legno di una vecchia staccionata, vorrei intraprendere un viaggo, scoprire un tesoro. Ché questo, in fondo, è il vero desiderio dell'anima.

giovedì 24 dicembre 2009

Buono Natale

Gianni ha trentasette anni, fa il maestro elementare. Anzi, faceva. Adesso è precario e quest'anno non ha avuto che qualche supplenza. Càpita.
E' sposato con Marta. Marta è in cassa integrazione. Càpita.
Gianno e Marta hanno due figli. Càpitano.
Gianni e Marta hanno l'albero di Natale, hanno fatto i cappelletti.
Gianni e Marta, nonostante il mutuo, le tasse del nido del piccolo, il gas, l'enel, il bollo dell'auto, l'assicurazione eccetera eccetera, sono felici. Chissenefrega, pensano. Ci siamo noi, chiusa la porta siamo tra noi quattro, e le risate non mancano mai.

Gianni legge il giornale di ieri. Marta sparecchia.
- Ma porca di quella troia.
- Gianni... ci sono i bambini di là!
- Ma che cazzo, scusa, adesso se ne esce con il buono vacanze, 'sta stronza!
- Ma chi?
- La Brambilla dei miei coglioni. mA SI PUO' ESSERE PIU' MERDE?
- sssshh, non urlare. Ma perché urli?
- No, non urlo. E' il caps lock a tradimento. Guarda qua piuttosto.
- Ahahaha, che merda. Sai cosa mi fa venire in mente sta porcata? Hai presente il film, credo fosse Il nome della rosa, quando il popolo ridotto alla fame va a prendere gli avanzi del pranzo e della cena del signorotto giù dalla collina, sotto al castello?
- Che merda.
- Che merda.
Scuotono la testa.
- Sai, alla fine forse la gente è anche contenta. Non lo so, non mi stupisco più di niente ormai. Questi lo fanno per propaganda e per tenere basso il conflitto sociale, per non parlare dell'indotto, e lo dicono anche fuori dai denti, tra l'altro. E la gente becca.
- ...
- Ma mettiamo che io voglia prendere 'sto buono del cazzo.
Dall'altra stanza si sente una vocina:
- Babbo, non si dice cazzo.
- Scusa tesoro, hai ragione.
Allora, metti che io vada in vacanza con il loro buono. Sarò costretto, suppongo, ad andare nei posti che mi dicono loro, giusto? Ovvio. Chissà di chi saranno, questi luoghi convenzionati. Ma poi, mi chiedo, saranno tutti per poveracci o a noi ci mettono il braccialetto di riconoscimento? Magari avremo una zona a parte, ci sarà un cartello:

fa un gesto ampio con il braccio ad indicare il cartello

- "Zona riservata ai poveracci ad opera del Ministro del Turismo del Governo che pensa prima di tutto alla persona". mAVAFFANCULO VA'.
e sempre dall'altra stanza...
- Babbo, non si dice vaffanculo.
- Hai ragione, scusa.
Marta lo guarda ridendo sotto i baffi...
- E non urlare.
- Non urlo, è sempre...
- Sì sì, il caps lock a tradimento.
- ...
- ...
- Guarda, Marta, la cosa più triste sai qual è?
- Eh.
- Te lo dico io qual è: la gente, quelli come te e me, loro credono magari che sia una buona idea. E' questo che mi fa girare i maroni. Ma porca puttana.
- Babbo, non si dice porca puttana.
- Hai ragione, scusa. Questi, basta che gli dai la soap opera. Beautifull. Adesso al premier gli è arrivato in faccia un duomo. Il nostro protagonista ha un'altra avventura da raccontare, altri particolari, capito? Mmhh, che bella storia, piena di colpi di scena. E giù la letterina al Papa, il perdono a quel pazzo, quello lì, quel deficiente. Guarda, ci mancava solo un cretino, a noi, adesso. E via ad un'altra puntata di beautifull, e a noi un'altra legislatura.

Marta si siede. Sorride. Scuote la testa.
- Gianni, sai cosa mi è venuto in mente l'altro giorno, a proposito?
- Cosa?
- Che tra un po' chiameranno le elezioni, magari metti che la tensione sul lodo Alfano o sui vari spatuzza aumenta...
- e allora?
- e allora gli sceneggiatori di 'sto romanzo criminale ne hanno in mente un'altra, vedrai che calano l'asso.
- cioè?
- Adesso, dopo che al nostro personaggio alla Eric Forrester è arrivato un duomo in faccia, dato lo shock del non essere forse amato proprio da tutti tutti, nasce nel suo cuore un grande ripensamento, la notte dell'Innominato, tipo. E per copione, si redime. Prima mossa: perdona Tartaglia, o come si chiama. Seconda mossa: Santo Padre. Terza mossa, e qui si vede il genio di chi scrive le puntate...
- dai cazzo, mi sto già inquietando, ché quando fai così mi metti un po' paura.
- Babbo, non si dice cazzo
- Hai ragione, scusa.

- Senti Marta, per me quei due di là me lo dicono perché così hanno il bonus parolaccia. Chiudi la porta va'.
Marta chiude la porta.
- Comunque, dicevo, adesso, se si sarà in vista di elezioni, arriverà la Lady D de noaltri.
- Ehhhh?
- Ma certo. Ascolta il capolavoro: dopo la notte dell'Illuminato (che tra l'altro è Natale, pensaci), c'è la redenzione. Basta porcaio, basta ciarpame senza pudore. Arriva il grande amore, i veri valori, il nido che riscalda... Una bella quarantaduenne, magari, chessò, una che ha sempre lavorato nel sociale, facendo del bene, una che ai soldi non ci pensa... una del popolo... et voilà! La storia continua, il popolo può avere il suo romanzo! Colpo di scena! I migliori santi, si sa, sono quelli che sono passati attraverso tanti errori, una vita dissoluta, una vita confusa...
- Oh mio Dio, dai, così è troppo sporca.
- Ah, beh, perché, fino ad ora, siccome...
- Mh, hai ragione.
- E sai tutto lo spettacolo che ne consegue, tutto il flashback sulla vita di lei, le foto della loro segretissima storia d'amore (segreta perchè lui la vuole proteggere, ah l'amour). Già mi vedo tutto, e poi il matrimonio. E il popolo lo vota. Fine.
- Merda.
- ...
- ...
- Se succede davvero, sai cosa penso?
- Cosa?
- Che ho un po' paura a dormirti di fianco, francamente.
- Ahahahaha.
- Va beh, andiamo va'. Andiamo a sbattutare un po' su Spinoza. Alla fine, pensare sì, sempre, ma meglio riderci anche un po' su. Altrimenti poi il sangue mi va tutto in aceto. A pensarci, guarda, mi darebbe gusto però. Visto che ce lo bevono, il sangue, che si becchino del gran aceto.

- Tesoro...
- Eh?
- Domani è Natale.
- Già.
- Speriamo che le renne non trovino traffico.
- Già.

lunedì 21 dicembre 2009

Pene

Questo post non parla del pene.
Questo post parla di pene, pene d'amore, pene che ti capitano, pene che ti cambiano la visione delle cose, quelle pene che devi ringraziare se adesso sei messa come sei messa, pene che hanno fatto di te ciò che sei. Pene che magari sottovaluti e un giorno capisci perché il tuo romanticismo è finito in un mucchietto di sassetti tanti tanti anni fa, oppure capisci perchè sapresti anche essere romantica, ma alla fine hai deciso di esserlo solo sognando tra te e te, ché c'è sempre in agguato uno che può fare quello che mi ha fatto il padre di tutte le mie pene, il mostro che viene descritto nella seguente appassionante struggente incredibile storia d'amor.


Correva l'anno millenovecentoequalcosa. Avevo sei anni, e anche lui aveva sei anni. Per me, lui, non esisteva. Avevo sei anni, esistevo solo io. Che diamine. Poi esisteva la mamma, poi il papà, poi la maestra e, sì, anche mia sorella, delle volte. Soprattutto quando mi menava. Quelli erano i momenti in cui esisteva moltissimo. O quando guardavamo i Barbapapà.

Un giorno ero a scuola, stavo colorando un disegno, ero al mio banco. Lui si è avvicinato a guardare che coloravo e poi mi ha detto: "Come sei brava a colorare, colori proprio bene dentro i contorni".
Lì, proprio in quel momento esatto e preciso lì, io mi sono accorta per la prima volta della sua esistenza. Allora, guardando il mio disegno e come lo stavo colorando e facendo anche un po' di smorfiette, con la testa inclinata, sicuramente anche dondolando un po', con la gonnellina e le calzamaglie di lana in quelle gambotte cicciotte, ho pensato: "Ah ah, Che discorsi, io so anche colorare senza lasciare i buchi".
Ma devo averlo anche detto, oltre che pensato, perchè lui ha risposto prontamente: "Eh, non esagerare adesso".
"Non esagerare? Non esagerare?"
Non esagerare. Così mi ha detto. E poi se ne è andato. Si è girato e se ne è tornato al suo banco.
Da allora non solo lui aveva prepotentemente iniziato ad esistere in quanto altro essere oltre a me in questo universo, ma cosa ancora più importante, non mi amava quanto mi amavo io. E così mi ero innamorata io di lui. Vigliacco.

Potevo non amarlo? Giammai! Perché anche a sei anni, se non son stronzi, non li amiamo.

E un giorno che me ne stavo in giardino felice e gaia con i miei sassetti e le margheritine a far casette alle formiche, inaspettatamente, me lo vedo che passeggia con la sua mamma per la mia via. Smetto di giocare con i sassetti e mi tuffo saltellando alla ringhiera del cancello che son tutta una felicità. Le nostre mamme parlano tra di loro e anche noi parliamo, io di qua e lui di là dalla ringhiera.

- Ciao Enrico, gli dico io.
- Ciao, dice lui.
- Vuoi essere il mio fidanzato? gli dico io. (Sì sì, proprio così, spudorata come non mai. Non sapevo ancora le cose, non conoscevo la vita).
- Sì vorrei, mi dice lui, ma non posso.
Non mi ha nemmeno lasciato il tempo di allargare la faccia in un immenso e beato quanto ebete sorriso.

Non posso. Ha detto proprio non posso. Testuale. Non posso. E son cose, queste, che non si dimenticano mica facilmente.
Non posso.
Ma perchè, gli ho detto, non puoi, cosa vuol dire che non puoi? La tua mamma non vuole?
Cioè, io proprio l'impedimento facevo fatica a capirlo. Gli piaceva come coloravo, quindi mi amava anche lui, e comunque era già un inizio.

- No, non è per la mia mamma, mi ha detto con le mani nelle tasche dei pantaloni. E' perché ne ho già troppe di fidanzate, tu non ci stai.
- Ah.
- ...
- Beh, ma, allora...Ma quante sono?
- Eh, c'è lei e lei e lei, e fa già tre, poi me lo ha chiesto anche lei, insomma, non ci stai, sono già quattro. Mi dispiace.

Non ci stai.
Già, perchè, anche a sei anni, se non son stronzi non li amiamo.
Non ci stai.
Ma come ragiona questo? Ma una in più cosa vuoi che sia? Che problema c'è? Sto buona in un angolo, non è che mi metto a disturbare, dai, tienimi anche a me, cosa ti costa?
Niente.
E così, capendo da subito che trattare non avrebbe condotto ad alcun buon risultato (era uno deciso questo), devo alla fine avergli detto amareggiata che se si liberava un posto, io ero lì.
Capito? Se si liberava un posto.
Avevo sei anni e ragionavo già male.
Poi però ha cambiato scuola. Amore finito, non ha avuto neanche il tempo materiale di liberare un posto, povero, non ci siamo mai potuti amare. Peccato.

E allora, dalla seconda elementare, ho cambiato tattica, mi son fatta furba: sono stata la morosa di un altro compagno di scuola, solo che per evitare beghe (senti che volpe), lui non l'ha mai saputo. E mi ricordo che è stata una storia d'amore bellissima, piena di colpi di scena, di litigate e riappacificamenti struggenti con colonna sonora e tutto...
Poi però purtroppo l'ho dovuto lasciare tra le lacrime perché andavo in prima media, abitavamo troppo lontani, le cose non sarebbero durate. Ma lui non l'ha mai saputo, nemmeno questo.
E' stato molto bello.

Poi ci sono state le scuole medie. Strano, non mi ricordo nulla delle scuole medie. Strano, vero? Strano. Già.
Comunque, morale della favola, ecco perché non sono romantica, tranne quando chiudo gli occhi e mi permetto di sognare. Lì, nei sogni, non arriva nessun Enrico a dirmi che non c'è posto per me. Nei sogni, per me, c'è sempre posto. E nei sogni ci sono tutte le storie del mondo. E c'è tutto il mio romanticismo.

Giusto l'altro giorno ci ho provato di nuovo, ad essere romantica. Fuori facevano -6 gradi. In braccio gli ho detto: "Sarebbe -6 anche dentro, se tu non ci fossi".
Ha gradito, l'ho visto. Poi mi ha detto: "anche per me". Però non bastava, ché tutto quel sentimento rischiava di, non so cosa si rischiava, ma qualcosa si rischiava, giacché lui ha dovuto aggiungere:

- Poi però io faccio condensa.
- Condensa?
- Sì, per la differenza di temperatura che c'è fuori.
- In che senso?
- Eh, se tu non ci sei, dentro sono -6, ma fuori, con tutte quelle donne che mi girerebbero attorno, sai che calore... e allora si forma la condensa.

C'è che mi fai ridere, è per quello che ti salvi.
Intanto però mi sa che io resto romantica dentro.

giovedì 17 dicembre 2009

E' sempre meglio farci i conti, con la vita

Dunque:

partiamo dalla considerazione che ognuno, quando pensa a qualsiasi cosa, parte da sé, dal proprio vissuto e quindi, già che fa da sé, fa x tre. Poi però, segui il ragionamento, ognuno è unico, quindi metti che il tuo nome ha 3 lettere, ecco, questo ti distingue, quindi devi aggiungere 3. Segui? Bene. Allora adesso andando avanti capisci che tutto sommato devi fare :2 perché la maggior parte delle volte si è in due, giusto? Ecco. Altrimenti se sei da solo questo passaggio lo puoi saltare, se sei accoppiato con più di uno, allora divivi per tre, quattro, insomma vedi tu. E poi da 2 succede che ci si moltiplica, quindi aggiungi 1, o 2; a volte nel passato é anche successo +11, anche +15, per dire. Quindi, segui il ragionamento, se il senso della vita è 42, io ho fatto i calcoli, è facilissimo: siccome ho due figli, calcolando viene fuori 26 (arrotondando un po', in verità per essere precisi precisi 25,6 periodico), perché va fatto così:[("Io"+3(lettere del mio nome)) x 3 : 2] + 2 = 42, e viene 26, ma poi da 26 si deve fare 2+6 e allora il totale fa 8.
Quindi, segui il ragionamento, Io = 8.
Eh, è bello otto.
Otto mi piace.

Vedi, adesso che lo so, è tutto più preciso, ordinato, cioè, adesso è facile. Non sono poi così tante le possibilità, le confusioni. Otto. Basta saperlo.
Otto, eh. Cioè, uno ti fa una domanda esistenziale, e te gli puoi sempre dire: guarda, nel mio caso, otto.
E' tutto molto facile.
Sì, insomma, sei a posto.
Consiglio, dà serenità.
Otto.

sabato 12 dicembre 2009

Rivoluzione

Mi ricordo che quel giorno ero da mia nonna, ero seduta sul divano, nel mezzo: lei da una parte e il nonno dall'altra.Tutti e tre stretti sotto la coperta di lana a scacchi, il salotto in penombra. Sapevo che il nonno stava per chiudere gli occhi, mancava poco; allora mi ricordo bene che ho pensato che me lo dovevo godere proprio quel momento, che poteva essere anche l'ultimo, a potermene stare accoccolata tra loro due.

- Nonna, ti racconto una storia?
- Sì tesoro, raccontami una storia.
(che bello, la nonna mi chiama sempre tesoro).
- E' la storia di una signora che ha la tua età più o meno, ma lei è molto vecchia, te no. Quanti anni hai tu?
- Eh, quanti anni ho... Non so, son del '21, ne ho...
- Mmmh, ottantotto, nonna.
- Osta però! Già ottantotto... Ma sei sicura?
- Sì nonna, sicurissima.
- Ma in che anno siamo?
- 2009.
- Ma dici davvero? Osta però, già il 2009.
- Già. Comunque questa donna era una donna molto severa, era sempre stata severa, nella sua vita. E' in treno, sta andando al mare.
- Oh, che bello il mare.
- Sì. E nel vagone con lei ci sono dei ragazzi. Lei non li sopporta i ragazzi, sai?
- No? e perché?
- Perché sono volgari, dice lei. E poi non sanno parlare l'italiano. Pensa che era così severa, e anche un po' stronza, direi, che una volta è successo che nel cancello di casa sua aveva trovato un cartello con scritto sopra: "Si pregano i signori inquilini di non gettare le carte per terra".
- E allora?
- E allora, siccome c'era scritto inquilini con la c e non con la q, lei lo aveva corretto con la matita blu.
- Noooo
- Sì sì, perchè lei era stata una professoressa di greco e latino, e si indignava, non resiteva.
- Ma pensa...
- Sì, nonna. Era tornata a casa, quel giorno, apposta a prendere la matita blu, quella degli errori gravi. Questa donna si arrabbiava molto. Era sempre arrabbiata. Era sempre stata arrabbiata, per una vita intera.

Il nonno fa un grugnito. Chiede dell'acqua. Gliela porto.

- Nonna?
- Eh?
- Lo sai che un pittore, che era anche un poeta, una volta ha scritto una poesia, diceva più o meno così: "Dev'essere una sorta di naufragio quando da vecchi ci si arrabbia ancora per qualcosa". Tu ti arrabbi ancora, nonna?
- Mah, sai, insomma, sì, perché delle volte il tuo nonnino mi fa arrabbiare, sai com'è...Ma, questa signora... che bella storia, è vera?
- No, l'ho inventata adesso. Ah, sì, ecco, stava andando al mare, in treno. E con lei c'erano questi ragazzi che andavano a fare una manifestazione. Era il '68, è una storia di tanti anni fa. E, insomma, lei non li sopportava. Questi parlavano di rivoluzione, ma lei non credeva proprio nella rivoluzione. Non era mai cambiata lei, figurati se pensava alla rivoluzione.Tu nonna credi nella rivoluzione?
- Mah, non so. Mi ricordo gli operai fuori dalla fonderia che si attaccavano ai cancelli perché volevano dei diritti, e che il padrone li buttava dentro a bastonate. Ti ricordi la fonderia dove abitavamo io e il nonno?
- Come no! Tutto quell'odore di ferro cotto. Mi ricordo che il nonno mi portava in guardiola a premere i bottoni colorati per aprire e chiudere il portone d'ingresso. Mi ricordo la mensa degli operai, i tavoloni di ferro che erano altissimi, per me, le tute blu, tu che preparavi le tavole della mensa, in quella sala enorme, e mi ricordo anche gli operai, omoni che mi facevano un po' paura, ma alla fine ridevano e allora poi non mi facevano più paura.
Scuote la testa. Alza le spalle. Le alzo anch'io. Batte con dolcezza la sua mano nella mia. Silenzio. Pensiamo. Poi sospiriamo all'unisono. E' bello sospirare all'unisono con la nonna. Dopo sospira anche il nonno. Sembra che dorma, ma non so mica se dorme.
- E allora, la signora?
- I ragazzi del treno, quelli nel suo vagone, ecco, lei non li sopporta. Sono vestiti male, hanno i capelli lunghi, parlano tanto e a voce alta, lei non li può vedere. Poi parlano di peace and love, si baciano senza tener conto che c'è anche lei lì, insomma, si chiede dove siano finite le buone maniere, e le ragazze tutte scomposte, sedute con le gambe allargate, e tutta quella passione, poi, e lei li odia ancora di più.
- Oh, che vecchiaccia. Perché?
- Perché lei, nonna, non ha amato mai.
- Mai?
- Mai.
- Oh, poveretta. E perché?

Mi piace la nonna. Io mi invento una storia lì per lì per lei, e lei è come se le stessi raccontando una storia vera.

- Perché aveva avuto una delusione da ragazza, il suo amore era partito per la guerra e non era più tornato. E da allora non ha più voluto amare nessuno.
- Ah. Io, al tuo nonno, sai cosa gli ho detto quando è partito soldato? gli ho detto: Ti sposo solo dopo che torni dalla guerra. Ché se muori, almeno, mi posso sposare un altro.

Minchia nonna, devo averlo preso da te il mio romanticismo.

Poi è successo che era pronto e siamo andate a mangiare. Mentre raggiungiamo la cuicina, la nonna capisce che non posso più andare avanti nel racconto. Non è soddisfatta. Ci stiamo sedendo a tavola.
- Ma poi, come finisce questa storia?
- Che lei muore.
- Muore? come, muore? così?
- Eh, sì. A stare a contatto con quei ragazzi, ad un certo punto, si rende conto che lei, nella sua vita, non ha vissuto per niente, trincerata dietro la sua rigidità e dietro un antico dolore. Le sale una fitta pazzesca e acuta dal petto, non fa in tempo nemmeno a stringersi con la mano e fa un infarto secco. Bum. Morta. Stava scendendo dal treno, e al secondo scalino, bum, infarto secco. Fine. Morta.
- Cade dalle scalette? Oh poveretta, ma si fa male?
- Muore nonna, non è che si fa male, muore proprio.
-Ah.
- ...
- ...
- ...
- Ma non si finisce una storia così, dai.
- Eh, nonna, non sono mica il cinema, io.
- Bella, comunque, dovresti scriverla.
- Ok. Magari, un giorno. Non si sa mai.
- Buon appetito tesoro.
- Grazie nonna, anche a te.

Ogni riferimento a cose, eventi o persone citate non è per niente casuale.
Il poeta di cui sopra è Paul Klee.

giovedì 3 dicembre 2009

A pescare a casaccio

Oggi sono annoiata, girata e ho anche mal di testa. Allora ho preso diversi pezzetti di carta, ho chiesto a Figlio Grande di dirmi un po' di parole a vanvera e le ho scritte. Poi li ho girati, ne ho pescati quattro a casaccio, ho messo congiunzioni e articoli q.b. ed è venuta fuori 'sta frase qua:

"I mandarini saltano le renne e le ciabatte".

Non che la cosa mi abbia fatto passare il mal di testa, però mi son divertita. Poi ho pensato che deve essere facile fare il politico.

martedì 1 dicembre 2009

Fallo

Compra!
Compro.
Mangia!
Mangio.
Non mangiare, fa ingrassare!
Non mangio.

Sii bello!
Son bello.
Più bello!
Più bello.
Brutto carattere!
Brutto carattere.
Adesso, invece, bello!
Bello!
Sorridi!
Sorrido.
Serio!
Serio.
Impegnato!
Impegnato.
Distraiti!
Mi distraggo.

Usa il computer!
Uso il computer.
Meglio!
Meglio.
Ancora meglio!
Ancora meglio.
Telefonino!
Telefonino.
Più figo!
Più figo.
Di più!
Di più.

Ama!
Amo.
Non amare più!
Non amo più.
Disprezza!
Disprezzo.
Di più!
Di più.
Tradisci!
Tradisco.
Tante donne!
Tante donne.
Solo una!
Solo una.
Zoccola!
Zoccola.
Di più!
Di più.
Adesso di meno!
Di meno.
Santa!
Santa.

Ricco!
Ricco.
Lavora!
Lavoro.
Non lavorare più, non c'è lavoro!
Non lavoro più.
Corri!
Corro.
Di più!
Di più.
Adesso vai piano, che a correre vengono le nevrosi.
Non corro più.
Più piano!
Più piano.
Di meno!
Di meno.


Adesso, pensa.
...


A cosa?



(Ecco. Appunto.)