martedì 29 settembre 2009

Non sembra neanche vero (2)

La mia Sara (fonte continua di sorprese e soddisfazioni inaspettate)


"A Sara piace chiudere gli occhi", Ed. Fulmino, Maggio 2009

pochi giorni fa era qui.
Ed è andata a ruba (nel senso che l'editrice l'ha messa sul tavolo in esposizione e se la sono portata via).



E io lo so che poi lei era lì che faceva tutta la bella di fianco a quei capolavori di libri d'arte...



La mia piccolina!

L'amore ha tante facce

Dialogo. Figlio Grande mangia, io mi preparo ad andare a prendere Figlio Piccolo alla scuola materna.

Io: Allora vado a prendere il piccolo, ok?
Figlio: ma lascialo lì dov'è
Io: e pensare che lui ti adora
Figlio: e allora? Io no
Io: mi ricordo che quando eravate più piccoli, ti venivo a prendere alla scuola materna e poi lo andavamo a prendere insieme al nido e tu appena lo vedevi tutto bello piccolino e cicciotto ti abbassavi e lo aspettavi a braccia aperte, lui ti correva incontro e vi stringevate forte
Figlio: era piccolo e carino. Adesso è insopportabile
Io : ma lo sai che il sabato, che sei a scuola, la prima cosa che mi chiede quando si sveglia è dove sei?
(Mai insistere, mai, mai, mai. Non imparo, non c'è verso)

A questo punto, evidentemente sfinito, Mio Figlio ha fatto una cosa incredibile: mi ha guardata con l'aria di chi sa che ha di fronte una che non vuole capire, ha alzato il sedere verso di me appoggiandosi con le mani sul tavolo e, senza neanche scomporsi più di tanto, mi ha mollato una sonora trombettata.

Ora, in quanto madre che ha partorito Questo Essere con dolore, l'ha nutrito dal Suo seno, ha perso ore e ore di sonno, l'ha accudito, curato e amato e che tutt'ora continua ad accudire, curare e amare incondizionatamente, ebbene, in quanto Sua Madre, Io basisco. Credevo di conoscerlo, tutto m'aspettavo, ma questa poi no!
E' incredibile!
Mio Figlio Grande sa tirare scoregge a comando.

domenica 27 settembre 2009

A cercare le parole

E' successo che stavo riflettendo sul fatto che con taluni io mi sento il contrario di affine. Allora ho cercato una parola per dirlo, per dire che io non mi sento affine con qualcuno. E non l'ho trovata, questa parola. Non c'è. Semplicemente non esiste la parola per indicare la mia non affinità con quelli lì.
Allora ho cercato il contrario di "affine".
Ma la parola che sto cercando non è "dissomiglianza", perchè "affine" non è proprio come dire "somigliante"; non è "estraneità", non mi convince; e non è "diversità", perchè io posso sentirmi affine anche nella diversità, credo; e quindi non è nemmeno "differenza".

Non lo so che parola cerco.
Forse la lingua italiana non la prevede.

mercoledì 23 settembre 2009

Tic Tac

Penso alla voce degli orologi. Gli orologi non fanno tic tac. Nessun orologio ha mai fatto semplicemente tic tac.
La sveglia di mia nonna, quella rossa e grande, quella che aveva sopra una specie di roba tipo cappello che se lo toccavi inziava a saltellare a destra e sinistra che pareva una testa un po' matta, quella sveglia faceva sciaffff sciaffff e ogni secondo durava un mezzo tempo eterno, e io, dalla nonna, mi addormentavo nel letto che avrà avuto sette materassi per quanto era alto e morbido, cullata e felice.

Poi c'era la sveglia di quando ero ragazzina che non aveva i secondi perchè per lei il tempo era un tutt'uno continuo, una roba tipo tititititititi. Schifezza. L'ho barattata con una vecchia sveglia che andava a carica e se mi dimenticavo di caricarla quando andavo a dormire, la mattina non suonava. Ma tanto mi svegliava la gatta che mi faceva gli agguati ai piedi, puntuale alle ore sette. E poi io ero felice che non suonasse, quella sveglia, ché ogni volta facevo un infarto per colpa del suo trillo isterico. Ma anche se era isterica quando suonava (neanche ci fosse dovuta andare lei, a scuola), nel battere i secondi aveva proprio una bella voce e io l'adoravo. Durante la notte, o mentre facevo i compiti, nel silenzio, lei faceva il suo spat...spat...spat...spat. Siamo state insieme per anni.
Poi c'era l'olologio da polso delle medie che, in modo secco e preciso, segnava il tempo con il suo sciss-sciss-sciss. Nei momenti di massima noia me lo portavo alle orecchie e lo ascoltavo.
Poi, un giorno, non ci ho più fatto caso, alla voce degli orologi.

Questa sera ero sola a cena e per caso ho sentito la voce dell'orologio a muro della mia cucina. E' un orologio grande, bianco, con il bordo e i numeri scritti in nero, e sembra un vecchio orologio della stazione centrale delle fs. Lui batte i secondi in modo regolare e preciso, ma io lo so che è un po' annoiato. Stump Stump Stump Stump. Non sbaglia un colpo, il vecchio. C'è che bisogna essere molto silenziosi per sentirlo, e la mia cucina non è silenziosa mai.

E poi, sempre questa sera, mentre mi pettinavo, ho portato la mano sinistra verso l'orecchio. Ho cercato di sentire la voce del mio orologio da polso. Niente. Ho controllato se lo avevo addosso. Sì, c'era. Solo che il mio orologio da polso è muto.
E allora ho pensato che non va bene che gli orologi moderni da polso siano muti.

martedì 22 settembre 2009

:pueblo:

Oggi c'è stata la riunione alla scuola di mio figlio (terza elementare). Le (eccellenti) insegnanti hanno subito presentato la delirante situazione in cui si trova la scuola in generale e il nostro plesso in particolare grazie alla recente riforma?-Gelmini (in modo molto diplomatico e non polemico come farò invece io che sono francamente incazzata nera): taglio di cattedre con conseguente rimescolamento delle insegnanti per le classi, tra le quali alcune usate letteralmente come tappabuchi buttando al cesso competenza e specializzazione in una determinata area nonché anni di esperienza e formazione mirata (prevista peraltro dalla facoltà di Scienze della Formazione); marasma totale in diverse classi (quella dell'area linguistica che deve prendere scienze e tecnologia, quella dell'area scientifica che avrà meno ore nella sua classe ma si trova a tappare buchi in altre... un delirio); nessuna compresenza (per il recupero di attività o per far sì che tutti i bimbi possano raggiungere buoni livelli); ovviamente, nessuna gita.
In compenso però, visto il grande risparmio attuato dal governo, non ci sono i soldi per i gessi, per le fotocopie, per i libri della biblioteca, per il materiale per i vari laboratori, siano d'arte, di scienza o di informatica (anzi, ci tiene a precisare la maestra, il laboratorio di informatica non si potrà più fare senza compresenza: non si può andare in aula informatica con 20 bambini e 12 computer, che non vanno neanche tutti) (ah, dobbiamo portare un sapone perchè è un anno che non montano il dispenser in bagno). E se la maestra s'ammala, non è detto che nominino la supplente, perchè non ci sono i soldi. Si ride anche all'idea che "Maestra ammalata, bambini a casa" (della maestra?), come succedeva una volta nei paesini di montagna.
Silenzio e aria tesa. "Facciamo una colletta per aiutarvi", dice uno. "Certo, raccogliamo". "Di qualsiasi cosa abbiate bisogno, ditecelo, eh, mi raccomando", dice un'altra mamma. E avanti, i generosi genitori che non vogliono far mancare nulla ai loro figli...
E alla notizia che la maestra non potrà più nemmeno andare a fare una passeggiata al mare con i bambini (il rapporto insegnante-bambino in uscita didattica è 1/15), un solerte e fantasioso babbo propone di aggirare la legge in questo modo: se la classe ha 20 alunni, quel giorno vengono segnati sul registro 5 assenti (che però vanno in gita lo stesso) e l'insegnante viene affiancata da volenterosi genitori per il giretto in paese. "Peròòò! Eh, dai, si potrebbe fare...", dicono altri in coro.

Ed è allora che ho amato incommensurabilmente la Maestra di mio figlio che ha pronunciato le seguenti parole:
"Se noi maestre, per l'ideale, per il bene dei bambini, per passione e perchè crediamo vivamente nel lavoro che facciamo, continuiamo a voler arrivare comunque sempre dappertutto trovando mille stratagemmi strani, la scuola continuerà a funzionare e difficilmente all'esterno ci si accorgerà delle condizioni in cui stanno gettando la Scuola Pubblica. Questa è la scuola pubblica che vuole il governo. Questo è il meglio che possiamo fare in una scuola così pensata e voluta."

Ammetto che ho avuto un momento di sano godimento.
Questo post è troppo lungo e scritto anche maluccio. Ma chissenefrega.

:pueblo:

venerdì 18 settembre 2009

Un pesce di nome Essebì

Il mio pesce ha tanti nomi (uno per ogni componente della mia famiglia) ma io segretamente lo chiamo Essebì. In fondo noto che è azzurro e nero, misura mezzo mignolo e se gli metto davanti uno specchio è tutto uno sventolio di pinne che lo devi vedere come si muove e si agita (e per questo ho elaborato tre ipotesi: crede di avere di fronte un competitore e allora si gonfia tutto per spaventarlo e prepararsi al combattimento; oppure crede di aver di fronte una pescetta e allora fa il figone; più probabilmente è autocompiacimento).

Ma il vero motivo per cui segretamente lo chiamo così è per l'insana soddisfazione di vedere che:
- la sua vita dipende da un bambino di otto anni
- è muto
- beve e mangia in un'acqua dove fa anche tutte le altre cose.

giovedì 17 settembre 2009

A cena

Figlio: Mamma, sai qual è l'animale più veloce del mondo?
Io: Il ghepardo?
Figlio: Giusto. E qual è l'uccello più veloce del mondo?
Io: Non so... il falco?
Figlio: Sbagliato, è l'uccello del ghepardo.
Io: Ahahaha. Ma allora anche la passera della gheparda!
Babbo: Certo, la passera ghepardata, molto in voga presso le balere locali.

Bolle

Generalmente si sa che la tivvùl ti beve il cervello con la cannuccia. E la guardavo poco, disgustata. L'ho definitivamente spenta quando ho capito che oltre a bermelo, il cervello, la tivvuù ci soffiava dentro per fare le bolle. Adesso al suo posto c'è un'ampolla con un pescetto. Bello bello, il mio nuovo pescetto. E con massima soddisfazione adesso io mi godo le sue, di bolle.

martedì 15 settembre 2009

Tetris

Io sono tra quelle ossessivo-compulsive che al supermercato fanno il Tetris con la borsa della spesa, ricavandone massima soddisfazione (e di sovente applausi degli astanti).
Oggi è stata una giornata Tetris, mi si è incastrato tutto. Mi stavano bene anche i capelli.

martedì 8 settembre 2009

La lettera verde

Arriva una lettera verde a casa, a mio nome. Raccomandata dalla polizia municipale. Ecco, autovelox. Lo so, c'è quella statale che ha il limite dei 110 e io vuoi che non sia mai andata più veloce? Figurati, duemilaseicento volte almeno. Bòn, beccata. Speriamo non sia alta, speriamo non mi tolgano punti alla patente.
E tutte le volte che alle poste ritiri una lettera verde ti guardano come un'assassina. La prima volta il tizio con gli occhiali spessi da dietro il vetro mi ha anche detto "Ah, quando arrivano le lettere verdi non c'è mai da star tranquilli, sei nel penale". Ormai mi viene un infarto, guadagnati 10 capelli bianchi in un nanosecondo. Poi succede che era il ritardo del pagamento della retta della scuola materna del piccolo: cioè, io l'ho pagata due giorni dopo la scadenza e a loro non risultava. Sistemato tutto con un fax. MavaffanDigusto, proprio.
E insomma la multa dell'autovelox è di 49 euro. Grassa, mi è andata grassa, penso. Andavo a 115 all'ora il 10 giugno alle ore 16:46. E allora scatta il "Ma dove ero cosa stavo facendo da dove venivo dove stavo andando ma perchè correvo" ma sopratutto il "Ostia però, con l'autovelox sanno dove sei cosa fai dove vai a che ora in che giorno in qualunque momento praticamente sempre, ostia." E allora sei portato allo sforzo sovrumano di ricordare e mettere in fila. Non son così precisina, ma una cosa la ricordo: quel giorno stavo andando in centro, ho comprato Barbari di Baricco e Underground di Mela (Marco Pesaresi), avevo una maglia rossa ed ero felice.