giovedì 28 dicembre 2017

prima o poi s'avvera



A dodici anni la professoressa di musica ci porta per la prima (e ultima) volta in sala musica e ci dice, uno alla volta, di fare la scala, con la mano destra. Io aspetto impaziente, provo per il pianoforte un'attrazione istintiva. Avevo giocato una volta con il vecchio pianoforte del nonno, avevo cinque anni, forse. Poi basta.
Quando tocca a me faccio quello che mi ha chiesto, la scala. E' la cosa più naturale del mondo. La professoressa mi guarda e mi dice: Tu  suoni già il pianoforte, vero?
No, rispondo io, è la prima volta che ci metto le mani sopra.
Fine.

Passano gli anni, è il 1997, ho venticinque anni e scrivo la tesi di laurea, sono tornata a casa dei miei e mia mamma mi dice che, se voglio, posso prendere lezioni di piano dal maestro giù a scuola, fa lezioni private. Ok, dico io.
Mi siedo emozionata, il maestro è di fianco a me e mi dice cosa fare. "Tu hai già suonato, vero?" 
No, rispondo io, per la seconda volta.
E per sei mesi studiai con lui, arrivando a metà circa del Beyer. Poi fine. "Dovresti continuare", disse; ma la vita mi ha una volta ancora allontanato dal piano.

E' il 2015 circa, in casa c'è una vecchia tastiera elettrica, compro il Beyer e, pazientemente, ricomincio, da sola.

L'anno scorso, a Natale, Lele mi regala il pianoforte, aggiudicandosi la vetta del miglior regalo da qui a nei secoli dei secoli Amen.
E quest'anno, spartiti. E suono. E mi accorgo del fatto che sì, forse il dono c'è, ma poi, senza lavoro, il dono non è niente. 
E il lavoro che richiede la musica è duro, durissimo, e forse è proprio quello che mi aggancia ogni volta, come una dipendenza, perché dopo gli sbagli, lo sforzo, la frustrazione, il tempo dedicato, una cosa è certa, che la musica in qualche modo e quando vuole lei, ti ripaga sempre. 

Alle medie qui della zona inizierà presto un corso di musica per adulti, gratuito. 
Sono già lì.







domenica 24 dicembre 2017

Buon Natale

A tutti quelli che ti dicono: Non sei mica il centro dell'universo!", ecco, a tutti quelli lì io vorrei dire che Sì, invece, carino (carino bisogna metterlo, nella frase, altrimenti cade tutto il costrutto), che sono al centro dell'universo, tutti noi siamo al centro dell'universo. Anche tu, carino. Dimostrami il contrario? Dai. Dai. Dai. (da dire tre volte per enfasi).

E poi bisogna stare fermi lì in posizione un po' aggressiva, con le mani sui fianchi e un piede davanti all'altro, ad aspettare la risposta, tanto non ce l'hanno, e poi dire: Visto?
Poi si può anche andare via.

Perché tutti quelli lì, quando ti dicono così, bisogna lasciarli nella loro doppia ignoranza, e dico doppia, mi spiego, per questo motivo:  la prima, di ignoranza, è che non si dice così alle persone, nel senso che se uno si sente al cento dell'universo, chi sei te per dirgli di no. E la seconda, di ignoranza, è che è vero che siamo tutti al centro dell'universo, infatti, anche se ci spostiamo, metti, dal divano alla sedia in cucina, siamo sempre al centro, un altro centro, ma al centro, dell'universo, e da quel centro viviamo tutta la nostra stupenda vita, tutti noi siamo un centro del mondo, ambulante.

Buon Natale a tutti, sappiate che voi siete al centro dell'universo, pensate quanto siete importanti; e visto che son buona, Buon Natale anche a quelli lì di prima, anche se sono un po' ignoranti, poveretti, però fa niente.

sabato 23 dicembre 2017

primo giorno di ferie

In questo sabato pomeriggio di beata solitudine, argino il fischio masticando cubetti di ghiaccio (essendo il tè, peraltro ottima bevanda, un piacere di troppo breve durata), ascoltando le piacevoli fusa della gatta sulle gambe, timbrando cose alla cazzo sul mio quaderno di carta, guardando un film cileno.

Ho acceso l'albero, fuori cala il sole.

martedì 12 dicembre 2017

Non son sicura

Io, in aula, a scuola, entrano, dicono Dov'è la maestra? non mi trovano mai, faccio parte del paesaggio. Mi cercano, poi io mi faccio vedere, mi dicono Non ti avevo vista, dicevo che eri un bambino anche te. 
Oggi come oggi, si ragionava, non puoi mica sparire, ti trovano subito, fan presto. Dal farmacista, per dire, ho prenotato una visita per mio figlio, m'han detto Lei signora, è la mamma? cioè Nome Cognome Data di nascita Numero di telefono? Osta, ho pensato, anche il telefono. A fare il pap test? Uguale: Lei è nome cognome eccetera. Sì sì, son io, son io. 

Io, se devo scegliere, pensavo, ecco, forse preferisco perdermi nel paesaggio. Non so, non sono sicura. Son confusa. Però non posso approfondire, che adesso ho fretta.

martedì 5 dicembre 2017

capire di non aver capito, che non è sapere di non sapere, ma una cosa diversa proprio

Quando, per esempio, torni da casa sfinita alle sette meno dieci, e sale dal mare una luna rossa bella pienotta ma non pienissima e tu pensi alla canzone Luna rotonda sul mare, il nostro disco che suona, poi scopri che è Una rotonda sul mare, il nostro disco che suona, e ti chiedi cos'è mai, questa rotonda.

sabato 2 dicembre 2017

consapevolezze pomeridiane

Adesso, contro ogni buon senso, esco, vado a comprare una pianta. Perché lo faccio?
La mia gatta, appollaiata sulle mie gambe, al caldo, sul divano, pensa che io sia una svitata. 
Anch'io lo penso, ma ciò non mi impedirà di svitloare. Tutti noi svitoliamo sapendo di svitolare. I gatti ci guardano, non capiscono ma ci accettano per quello che siamo. Ciò è molto nobile e bello da parte loro, e li rende superiori. Ecco perché li cibiamo. 

giovedì 30 novembre 2017

Menti filosofiche si nasce

Mamma, questa sciarpa sa di te.
(commozione)
O forse sei tu, che sai di questa sciarpa?
(commozione al quadrato)

mercoledì 29 novembre 2017

aspettare,

non siamo più capaci.

martedì 28 novembre 2017

oppure

cose che mi vengono in mente a caso (2):
che affittare una videocassetta al nolo costava sette mila lire, per una settimana, magari per l'occasione compravi anche la pizza, una margherita, tremila e cinque, e adesso con otto euro hai tutti i film che vuoi per un mese e non devi neanche uscire di casa, che con questo freddo, pensaci, però il film te lo guardavi tutto anche se dal titolo sembrava bello ma in verità faceva schifo. Però oh, settemila. E che un film al cinema restava in programmazione anche un mese, poi passava in seconda visione, capace che ci restava anche due mesi, e avevi tutto il tempo di organizzarti. 



domenica 26 novembre 2017

cose che mi vengono in mente a caso

ma la sorpresa, la prima volta che ho visto le candeline che non si spegnevano mai? Pari forse al mio compagno di terza elementare che mi dice che ha una tele nuova, con i colori, e che ha un telecomando che la accende e spegne a distanza e che cambia anche i canali e io che gli ho chiesto se poteva cambiare i canali anche dalla scuola.

sabato 25 novembre 2017

diagnosi, cura, saluti

Poi ho incontrato un signore, un mio amico, come stai, come va, io tutto male come al solito, non ho fatto niente di quello che avevo programmato, mi dice (lui dice sempre male o malissimo). Ma sono appena le nove e mezza, gli dico. E tu? come va?, mi dice. Mah, tutto bene tutto bene, gli dico, però è da un po' di tempo che ho questo fischio in testa che mi dà fastidio, gli dico. Un acufene? mi dice. Sì un acufene, gli dico. Eh, mi dice, non devi mangiare le cose che iniziano per la P., come pane, pasta. Ah, gli dico, però veramente io ne mangio pochissimi di pane e pasta, gli dico. 
Ma anche la prugna, non posso mangiare?, gli dico. Sì la prugna sì, mi dice. Ma inizia per P, gli dico. Giusto, mi dice.

E siamo rimasti lì, un po' pensosi.

Però, in effetti, dico, a me le prugne non mi piacciono.
Allora sei a posto.

E tutto questo mi è venuto in mente a pranzo mentre mangiavo la polenta. Che non dovrei, ho pensato.

mercoledì 22 novembre 2017

rituali

sottotitolo
di certe cose che quando sei piccolo ti sembrano normalissime e poi quando diventi grande e ci ripensi, per caso, la sera, dici boh:

mio nonno, dopo pranzo, ogni giorno, preparava un piattino con zucchero e caffè per la sua cagnolina, che si chiamava Cita.


giovedì 16 novembre 2017

Ma chi mi credo di essere

Ieri sera ho studiato. Il mio lavoro richiede un continuo aggiornamento e io mi applico molto: ho guardato una puntata di superpigiamini. 
E' per lavoro, ho detto a mio figlio piccolo. Certo certo, mi ha risposto lui.

Stamattina un bambino e due bambine giocavano a rincorrersi, li osservavo e in due secondi ero   anch'io dentro al mondo fantastico che li circondava. Poi una bambina ha detto: Io sono Gufetta e combatto contro i malvagi! Venite! E io, fresca fresca di aggiornamento e sicura di me, ho detto al maschietto: Allora tu sei Gattoboy! E state giocando ai superpigiamini! 

La bambina si è fermata, mi è venuta davanti e, con gesto eloquente della mano, mi ha detto NO, noi non siamo i superpigiamini. 

Ah, scusa, no, è che io credevo...

Poi è tornata a sconfiggere il male.





mercoledì 15 novembre 2017

monologo

In fondo io voglio solo una vita tranquilla.

MBUAHAH.

Che cazzo dici.

domenica 12 novembre 2017

di pomeriggi di verità

Oggi sono stata con mia mamma a sentire un filosofo che ha fatto un intervento, Fare la verità, all'interno di una rassegna su Realtà e mondi possibili, davvero interessante, un'ora e mezza densissima come sanno fare i filosofi e, a parte il fatto che io e mia mamma eravamo un pochetto ubriache perché avevamo preso un punch all'arancia, ma siccome non siamo abituate a bere, siamo uscite dal bar che non riuscivamo ad andare dritto e Per fortuna che la sala della conferenza è vicina, mi ha detto mia mamma, e mi ha dato anche Tu sei pazza a farmi bere, ma sono 35 gradi, come la grappa, pazza, e giù a ridere, siamo arrivate là che avevo male alla pancia dal ridere, a parte questo fatto dell'ubriachezza, che per fortuna che quando abbiamo incontrato delle persone che conosciamo siamo riuscite anche a essere composte, a parte questo fatto, devo dire che ad un certo punto, mentre parlava, il filosofo, e diceva cose densissime, ha lasciato come buttata lì una frase, buttata lì come niente, così come fanno i filosofi, che buttano lì delle verità, come fosse niente, una dietro l'altra, che non fai in tempo a ragionare su una che ti è entrata dentro come una lama nel burro, che lui ne ha già dette altre, che però hai perso, per forza, come fai, tutta quella roba in poco tempo, non puoi, e la frase buttata lì come per caso è stata questa: "[...] va detto che comunque non siamo felici perché non siamo scemi [...]", e io e mia mamma, quasi uscite dall'ubriachezza, ci siamo guardate e sentite anche intelligenti, ché prima, al bar, davanti al punch, s'era detto che non è depressione, è più malinconia, una tristezza che ti viene, ma ogni tanto eh, non sempre, quando è brutto tempo, per esempio, che quando c'è il sole già passa, una malinconia che ti prende, anche a te? sì, siamo un po' tutti così, ci eravamo dette, e il filosofo, non lo sapeva, ma ci ha fatto un complimento.

venerdì 10 novembre 2017

di improbabili nostalgie

E non è per il vapore caldo sulla faccia, e nemmeno per la cannuccia su per il  naso. Non è nemmeno perché poi sto meglio o per il pacchetto di patatine-premio che prendo dopo, alle terme. E neanche per le chiacchierate con i bambini o gli anziani. No, la dipendenza la sto maturando perché andare dall'altra parte della città, in questo autunno colorato e caldo, in auto, e tornare via mare, lontana dal traffico, scorrendo la fila di hotel nuovi luccicanti da una parte e l'unica luce di negozietti ancora aperti dall'altra, nel buio di una riviera silente ormai fuori stagione, ecco, questa cosa qui, questo tempo silenzioso tutto mio, questa deviazione dal solito, questo rito lungo che sembra non finire mai, mi mancherà. 

Siamo a meno 3.

(Ma il fischio è ancora lì)

sabato 4 novembre 2017

ma l'arte, cos'è?

Eravamo a Venezia ma non ne racconto niente perché troppa roba e tutta quella roba, Venezia compresa, ha bisogno di tempo, dentro un solo cervello, per tradursi in roba da dirne. 

Invece una cosa che posso dire è che al negozio, a Venezia, fuori l'Arsenale, ho visto un libro di Isgrò e in questo libro c'era la foto di una sua opera, note musicali sparse su una pagina bianca e mi è venuto in mente un ricordo di quando ero in prima elementare che secondo me è degno di nota, e il ricordo è questo: la maestra fa un dettato e quando finisco le porto il dettato alla cattedra e lei dice Tutto giusto un po' arrabbiata e dice che non ho messo nessun puntino sopra le i, Vai subito a riempire la pagina di puntini, mi dice.

Io sono tornata al banco e senza nemmeno sedermi ho pesato Che problema c'è? ho preso l'ultima pagina del quaderno, la penna e l'ho riempita di puntini, random. Mi sono anche chiesta se sarebbero bastati e ne ho aggiunti un altro pochettino, di puntini.
Poi sono tornata da lei e le ho fato vedere la pagina. Lei mi ha detto Cos'è? e io le ho detto E' la pagina di puntini e lei prima si è arrabbiata, e io non ho capito perché, e poi mi ha detto che dovevo farli sulle i, i puntini, e poi si è messa a ridere e mi ha detto Va bene dai, vai; però era un po' scocciata. 

Col senno di poi, due riflessioni, la prima: poveretta la maestra, quante ne avrà dovute vedere. La seconda, poveretta me, che artista inconsapevole e incompresa.

Ah, non so cosa sia l'arte ma secondo me non lo sa nessuno.

lunedì 23 ottobre 2017

cose che ti svoltano un pomeriggio

Oggi avevo il numero 51, per le insufflazioni, e era pieno di bambini che scorrazzavano davanti all'ambulatorio. Uno di questi, Cristian, un segretario perfetto, età 5 anni, correva a chiedere il numero a tutti e poi li avvertiva quando era il loro turno. Lui era il 52, Sei dopo di me, gli ho detto. Sono dopo di te, mi ha detto. Più di una volta.

Poi gli ho chiesto Come ti chiami? Mi ha detto Indovina. E io ho iniziato a sparare nomi e poi mi ha detto MA NO! Io mi chiamo Cristian. E tu? Io Lia, piacere, sei un segretario perfetto.

Poi ho dovuto indovinare il suo secondo nome, Era del mio bisnonno, mi ha detto. Era il nome di un prete, ci ha detto (perché eravamo diventati tanti a provare a indovinare). Era il nome di quello lì che era un papà importante... Francesco! dice una signora. No, un papà di tanto tempo fa... Giuseppe! dico io. E sì, il suo secondo nome è Giuseppe.

Poi abbiamo dovuto indovinare il primo e secondo nome di sua sorella (Aurora) e il secondo nome, mi ha detto, inizia per A e finisce per A, è un nome gentile. Agata, dico io. NO! Agata, quella lì, è la mia amata. Ah, ho detto io.

Poi si è inserito un altro piccoletto, nel gioco, e mi ha detto Indovina il mio. Io ho iniziato a dire nomi, mi ha detto Il mio è corto! Allora ho detto Luca! e lui mi ha detto Fuochino! e io zitta, niente, ci ho anche pensato, ma che indizio è.
DIEGO! mi ha detto. 
Ma ovvio, ma come ho fatto a non capirlo. 

Ma, tipo, Luca, dico io, è per caso un tuo amico? Sì, mi dice lui, quello con i capelli gialli rotondi.

Però il secondo nome di Aurora, quello gentile, alla fine non l'ho saputo.




martedì 17 ottobre 2017

epilogo

E quando sono arrivata là convinta che l'avrei passata liscia e m'han detto che No, la cannuccia non è di lattice, è plastica, SI POTE FARE, volevo svenire ma son stata forte e ho anche dissimulato contentezza ma non ci hanno creduto, che ero contenta. 

La dottoressa bellissima giovanissima bravissima gentilissima dolcissima Ma quanto dura? Dura molto? Io ho un po' pauretta! No no no, pochissimo, un minuto ad orecchio (UN MINUTO? LEI E' PAZZA) mi ha infilato la cannuccetta (che fastidio che fastidio) e ha insufflato l'aria (che bruciore che fastidio) e Lo sente il suono dell'aria? Sì sì sì lo sento (che fastidio che impressione) e a sinistra? no no no no sì sì adesso sì, c'è tappo eh, a sinistra, e sì, sono sopravvissuta ma ho avuto tanta tanta paura.  

Sono andata via e poi sono tornata dopo poco perché avevo lasciato lì la cartelletta. Ho visto uscire dalla stanzetta degli orrori un bambino di tre anni. Rideva.

Epico. Stima fratello.




lunedì 16 ottobre 2017

mo seh

Quindi ho fatto la visita al talassoterapico per le terapie e niente, viene fuori che devo fare le insufflazioni. Ho chiesto a un mio alunno di cinque anni che le ha fatte se fanno male e lui mi ha detto sì, molto, ma io sono stato tanto tanto coraggioso. 
Ecco, io no, tesoro. Io no.

Infatti è dalle cinque di oggi pomeriggio, ora in cui ho scoperto che dovrò fare queste insufflazioni su per il naso fin giù nelle orecchie, che c'ho dentro come un magone.

Poi a cena si parlava di operazioni chirurgiche e a me è venuto in mente che se dovessero operare me dovrebbero creare una sala "lattice e gomma free" perché io sono tutta speciale e sono allergica al lattice e alle gomme. Nonostante la cosa sia certificata e tutto il resto, me ne dimentico sempre e infatti la prima lezione di pilates la ragazza bravissima ci ha dato un palloncino e ci ha detto di soffiare dentro e di sentire che addominale usavamo e io ho soffiato dentro una due tre volte e poi ho finito la lezione di pilates che sembravo la Dellera.

L'inverno scorso ho fatto l'aerosol e poi mi son tolta la mascherina e ero tutta viola in faccia che sembravo un panda viola. 

E però quando l'otorino oggi mi ha chiesto: signora, lei ha allergie? Io ho detto: mmhhh, no. 
Quella al lattice è un'allergia che tendo a dimenticare, chissà poi perché.

Solo che a cena, parlando di operazioni eccetera, il mio cervello ad un certo punto ha fatto uno più uno uguale due e ha pensato: Capperini, ma l'insufflazione con che cannuccia la fanno? NON LA FARANNO MICA CON UNA CANNUCCIA DI LATTICE EH? OH, CHE GLI MUOIO DAVANTI! NUOOOOOOOOOAAOO! NON SCHERZIAMO! 

MO SEH! ZTE! MBEH!

D'un tratto la giuoia: non possono insufflarmi! 

Domani vado, vediamo. 

Ma dovranno cambiarmi terapia.

(Però intanto ho fatto il mio primo esame audiometrico e ci sento benissimo).




giovedì 12 ottobre 2017

Pensa a un animale

La calante. In la calante. L'acufene, il suono continuo che ho nella testa, è in la calante. Io credevo che fosse in si bemolle, invece un amico mi ha detto Prova a farlo? e io l'ho cantato, e lui con il cellulare, che fa anche da accordatore (ma pensa te), mi ha detto così, che è in la calante. 
Usate me per accordare gli strumenti.

Sarà il cerume, mi faccio fare il lavaggio delle orecchie per toglierlo. Non era il cerume.

Sarà il catarro, ho appuntamento lunedì al talasso terapico con un otorino e poi inizio le terapie.
Vedremo. 

Intanto, però, una sera che ero da sola in casa, capita quasi mai, mi son seduta sul divano al buio, in silenzio (silenzio... io il silenzio non so più cos'è) e mi son detta Adesso voglio proprio sentirlo bene questo suono in la calante che mi tormenta nella testa da maggio, ininterrottamente, giorno e notte, voglio prendere confidenza,  metti caso ci debba convivere per sempre.

E mi sono messa lì ad ascoltare, in meditazione, seduta con le gambe incrociate, da sola, al buio.

Sibilo. Continuo. Forte. Acuto. Nel centro della testa. Sibilo. In la calante.

Quando ho chiesto a mio figlio se anche lui lo sente mi ha detto Certo che lo sento! E io gli ho detto Ma non ti dà fastidio? e lui mi ha detto Ma no! non potrei mai stare senza! E' il suono del silenzio, mi tiene compagnia da sempre! Senza, impazzirei.

Io amo il buio e il silenzio totali, TOTALI. A volte mi chiudo negli stanzini bui e sto (stavo) lì a godere del niente, per dire. 
Come siamo diversi.

E insomma, mentre sono lì seduta al buio che ascolto questo concerto nella mia testa in un unica nota, la calante, cado in un profondo stato di concentrazione e chiedo al mio io di mandarmi, per favore, il motivo di questo suono, se mai fosse psicologico.

Mi è apparsa una scimmia appesa ad un ramo che dondolava, serena e divertita.

Ok, parliamo di questa immagine. E' il mio io profondo? E' il mio animale guida? E' la risposta al sibilo?

Lascio la scimmia penzolare e provo a fare delle vibrazioni con la voce, un suono nasale che fa vibrare il palato (non so in che altro modo spiegarlo, tipo creare un ronzio nel cranio) per capire se queste vibrazioni in qualche modo, scontrandosi con la vibrazione dentro la testa, la mettano ko. Mentre faccio questa specie di emissione, in effetti, il suono non lo sento e appena smetto sembra affievolito. Sono felice. Vittoria!
E invece poi ricomincia.

Ma torniamo alla scimmia che penzola dal ramo, al mio io profondo o forse al mio animale guida.

L'ho guardata penzolare, ho riflettuto un po', ho cercato di essere moto sincera con me stessa, ho accantonato le banalità che suonavano un po' da scuse e alla fine forse ci sono: evitando di pensare che sia il mio inconscio che mi prende bellamente per il culo, è possibile che il messaggio della scimmia possa essere che devo darmi un po' di più al divertimento, al gioco e allo svago fine a se stesso?
(Cioè non lo fai? No, non lo faccio).

Vado a cercare un albero.





lunedì 2 ottobre 2017

di sfoghi e brutture che non si addicono a una signora come me ma quando ci vuole ci vuole

Io, che sono nata nel novecento, tutte queste password. 

Vaffanculo.


mercoledì 27 settembre 2017

vai a capire

Oggi a scuola abbiamo festeggiato i compleanno di 5 bimbi. Di solito cantiamo la canzone tanti auguri a te in italiano, in inglese, in spagnolo, poi inventiamo quella cinese e oggi ho l'ho cantata anche in francese.

Col francese, ma quanto hanno riso, quanto.
Roba da non credere.

venerdì 22 settembre 2017

di libertà e dintorni

Un giorno mi è venuto da pensare alla libertà e ai trasgressivi e mi è venuto in mente che uno, se si sente un po' tipo obbligato a essere trasgressivo, perché ormi ha quella faccia lì, da trasgressivo, non è mica poi tanto  libero, pensavo.

domenica 17 settembre 2017

una domenica a

Una domenica a

lavare stendere stirare
aspirare lavare
svegliare figlio grande
riordinare nei cassetti
mangiare con figlio grande
lavare stendere
salutare figlio grande
stirare
guardare serie tv
una pesca
riordinare cucina
un te
(coi biscotti)
riordinare nei cassetti
guardare un'altra puntata.

Suonare.
Suonare suonare suonare.


sabato 2 settembre 2017

Stare

Mi dice: la notte prima delle due non dormo; le dico, io non riesco ad andare oltre mezzanotte, poi crollo, e la mattina devo stare su, non riesco a stare nel letto. Sei come tuo padre, mi dice; sei come Lele, le dico.
Chi fa la guardia contro i lupi, se tutti dormiamo? le dico. 
Giusto, mi dice. 

Silenzio.

Ci sono di nuovo i lupi, vicino a dove abitiamo noi, mi dice.
Per fortuna, le dico; stanno tornando, erano in via di estinzione.

E i cervi, mi dice lei. Che poi ti attraversano la strada e se li prendi sotto ti tocca anche pagarti i danni alla macchina, conosco diverse persone a cui è successo. Il papà li ha visti ma non ne ha mai preso sotto uno. Per fortuna.

Per fortuna, dico.

Silenzio.

Io faccio le parole crociate, lei fa un solitario, siamo una accanto all'altra. 

Fai spesso quelle robe lì? 
Sì. E tu i solitari?
Sì.

Silenzio. Una accanto all'altra.

Ricordo una volta, avrò avuto tre anni, ero a casa di mia zia, mi ero svegliata dal riposino e mia zia doveva badare a mia cugina, appena nata e a mia sorella, di due anni, e mi ha detto Stai seduta qui sulla poltrona, io arrivo. Io ricordo che sono stata seduta lì, ricordo che ho guardato a lungo la poltrona, color marroncino chiaro, ricordo il tessuto, velluto, ricordo la forma, era strana, senza braccioli, poi ho guardato la stanza, ricordo che mi incantava il movimento delle tende, bianche, mosse dal vento. Ricordo che mi guardavo le mani, i piedini  (che non uscivano dalla seduta della poltrona) e le scarpette blu, quelle con i buchi, i sandaletti di noi nati negli anni settanta. Ricordo il pavimento. Ricordo che non pensavo a niente, stavo, guardavo, ma non pensavo, non analizzavo, non mettevo ordine, non catalogavo, non cercavo analogie, non cercavo differenze, non cercavo di rendere quella cosa una conoscenza utile, non producevo nulla, non cercavo alcuna utilità. Ricordo spesso quel giorno con una sorta di nostalgia perché una pace così io non l'ho più provata e ogni tanto ci provo, a stare come stavo a tre anni. A stare e basta.

Poi dopo un po', non so quanto ma deve essere stato tanto tempo a giudicare dalla sorpresa, lei è entrata e ricordo che mi ha detto Ma sei ancora qui, tu? Certo che sono qui, e bene che sto.

Un po' più grande, ma non tanto, mentre me ne stavo per i fatti miei a giocare, a volte mi accadeva di accorgermi che stavo pensando, allora mi fermavo, bloccavo l'ultima cosa pensata e poi andavo indietro per recuperare la catena di pensieri spensierati che mi avevano condotto a quel pensiero là, quel pensiero che in quel momento mi ero accorta di pensare. Veniva fuori una catena lunghissima di pensieri in qualche modo collegati uno all'altro e scoprivo anche quanto fossero però sconnessi al discorso generale, nel senso che non c'era un discorso generale, c'era una catena di pensieri legati tra loro ma senza un argomento principale, e mi divertivo un sacco. Ridevo. Poi tiravo una specie di sintesi, avevo iniziato con, supponiamo, il colore del mattoncini lego che avevo in mano ed ero finita a pensare a quante erre ci fossero nei nomi della mia famiglia. Poi mi divertivo a capire cosa avesse legato cosa, come fossi passata da un pensiero, che a volte poteva anche essere un'immagine, ad un altro, a quanto la prima cosa e l'ultima  fossero totalmente lontane tra loro, eppure appartenevano alla stessa catena. La cosa interessante è che questa analisi era totalmente priva di giudizio, non mi chiedevo il senso o il motivo o il perché avessi pensato a questo o quello, semplicemente giocavo, mi incuriosiva moltissimo il funzionamento del mio cervello, osservare come fosse in grado di creare relazioni tra pensieri velocemente, e mi divertivo a cercare la logica del collegamento, ma non significati reconditi. Semplicemente osservavo qualcosa che succedeva dentro la mia testa, era un gioco disponibile, divertente e ogni volta unico.  

Ecco, vista da fuori devo aver dato spesso l'impressione di una che non faceva niente, invece mi accorgo ora di quanto quei giochi e quegli esercizi spontanei siano genitori di alcune capacità analitiche e creative che mi ritrovo anche oggi, da adulta, e di quanto mi siano stati spesso utili in passato.

Vorrei ringraziare chi mi ha lasciato stare lì.




giovedì 24 agosto 2017

come un temporale estivo 2




E' passato molto tempo dall'ultimo libro per bambini che ho pubblicato, sono passati sei anni. Sei anni sono molto tempo. C'era una storia che voleva nascere, mi girava in testa ma non riuscivo a partorirla. Tentativi vani, tavole buttate. Poi ho smesso di cercarla e un giorno, così come succede, è arrivata tutta intera, tutta in una volta, e mi è uscita dalle mani. Mi sono messa a disegnarla e le tavole (lo ha deciso la storia) hanno una forma particolare, sono lunghe e strette. 
Così come succede, nel giro di una settimana ho completato il libo.

Poi sono passati altri due anni di vita e vicissitudini varie e il libro ha aspettato ancora. 

La cosa pazzesca è che il personaggio è sempre lo stesso ma ora ci sono gli amici, c'è un animale in più e io ho bisogno degli occhiali. 

Si parte.

(nella foto la copertina e tavola n°zero)


venerdì 11 agosto 2017

cose che succedono ai vivi


Questa è la stoffa per le mie nuove tende. E' bellissima, è tanta, diventeranno 4 pannelli. Ci ho messo una settimana di giri tra mercato, negozi di tende e negozi di stoffe, per sceglierla.
Che bella foto, eh? Che poesia.


Invece no. NO. Non fatevi ingannare dalle immagini, dietro si è consumato uno scempio. E' venuta mia mamma a cucirla (grande ed esperta sarta) e io le ho fatto da manovalanza. 
Ma. 

MA. MA MA MA MA MA.

[Questa è una storia triste. Se sei un/una sarto/a non leggere perché la cosa ti farà male (avvisato/a)].

Mentre mia mamma cuce il primo pannello io mi sento inutile e voglio dare una mano. Mamma taglio gli altri pannelli, ho visto come hai fatto, bisogna tirare il filo e poi seguire la riga per tagliare, ce la posso fare.

Errore. Grave errore.

L'inesperienza, la voglia di contribuire, la distrazione, la presunzione. Ho sbagliato a tagliare la stoffa, una bellissima stoffa. Ho rovinato tutto. Ho tagliato per il lungo anziché per il largo.
Quando mia mamma è andata a prendere quello che sarebbe dovuto essere il secondo pannello si è accorta dell'errore.

L'urlo di Munch di entrambe. Due persone che si guardano con quell'espressione lì, con il silenzio dei brutti momenti, con una sola domanda che pende sopra le loro teste: e adesso?

Ma è troppo tardi, lo scempio è compiuto. 

Dopo qualche minuto di silenzio da shock, ci confidiamo: io tremo da adrenalina, mia mamma invece, dice, un pugno nello stomaco.

Guardiamola stoffa e a quel punto bisogna capire se è possibile rimediare in qualche modo, fare due pannelli più stretti e per il lungo, poi comprare solo la stoffa di un pannello. Ne viene fuori anche un tendino per il bagno.
Grazie a sangue freddo e all'esperienza di una sarta navigata, iniziamo a rimediare, non senza uno stato di shock nel cuore.

E mentre mia mamma ritagliava e ricuciva, io ho pensato a molte cose:

sarà successo a qualche sarta inesperta mentre lavorava, sarà successo anche con stoffe costosissime, e pensa che cosa possono aver vissuto loro; 
non è una tragedia, le tragedie sono altre, troveremo un rimedio; 
mamma ti prego raccontami storie simili, dimmi che non sono un mostro; 
non si torna indietro (questo è, tra tutti, il pensiero peggiore);
sono cose che succedono ai vivi;
ma come cavolo può essere successo?
non si torna indietro, non posso riavvolgere il nastro del tempo (l'ho già pensato, ogni due pensieri c'è questo);
siamo solo formiche che brulicano nel mare dell'universo, cosa vuoi che conti una stoffa tagliata male (questo me lo dico per ogni cazzata che faccio e non serve  assolutamente a niente perché tanto poi ricado nella contingenza dell'errore, ma lo faccio lo stesso);
non si piange sul latte versato, ACCETTA E VAI AVANTI, SII FORTE CAZZO.

Sbagliare. Sono una maestra e insegno ai miei bambini che l'errore serve, che grazie all'errore impariamo, che dall'errore possono venire fuori nuove possibilità, che può essere un'opportunità, che certi artisti hanno avuto intuizioni enormi proprio sbagliando.

Ma il dolore resta. 
Porca miseria, non sono così forte come credevo (dagli shock si scoprono molte cose di se stessi), non posso soffrire così per una sciocchezza, ma che è? Eppure dentro mi ha fatto male distruggere quei metri di stoffa e faccio fatica a perdonarmi.

Oggi sono andata a comprare il pezzo del pannello mancante e mentre andavo verso il negozio ho anche pensato di inventare delle scuse (la gatta si è mangiata il centro della stoffa, ho deciso che faccio anche le tende della cucina...), perché non pensavo di riuscire a confessare lo scempio.
Ma quando sono arrivata e ho chiesto il metro e settanta che mi serviva non ce l'ho fatta e ho confessato tutto. Mi hanno consolata, mi hanno spiegato che capita, che ci sono dei trucchi, che tagliare è un'operazione delicata e si deve sempre controllare molte volte ma che non è nulla di grave, spallucce, un sorriso e tutto passa.

Oggi sto meglio, ma se avete storie simili raccontatemele. 
Ecco a cosa servono le storie, a consolare quelle come me.




mercoledì 9 agosto 2017

non ce la posso fare

Quindi ricapitoliamo: sono una pessima padrona di gatta, sono una ancor peggiore infermiera, la gatta è scappata dopo i primi due trattamenti e non siamo riusciti a farne altri. Offesa come sa offendersi un gatto. Quando ha avuto fame è tornata ma ci ha trovati preoccupati e traumatizzati Guai a chi la tocca lasciamola stare altrimenti non si farà vedere mai più.

È tornata, ha mangiato, ha dormito, è risparita, è ritornata con la congiuntivite. È risparita.

La veterinaria è in ferie e c'è una sostituta solo il pomeriggio.

Ci sono 38 gradi con umidità grado stronza al massimo.

Non so se sono lacrime o sudore dagli occhi, ma più lacrime, secondo me.


lunedì 7 agosto 2017

Poi, tutt'a un tratto, come un temporale estivo




Rimini, in terrazza con Ivana.


Coming soon, stay tuned.
(che poi oggi ci fosse la luna piena è una simpatica coincidenza).

sabato 5 agosto 2017

non potrei mai fare l'infermiera

Nel lontano 2015 la mia gatta ha dovuto fare l'aerosol perché aveva i polmoni come due prugne secche. "Ma la vuoi uccidere?" fu il commento del veterinario che le fece i raggi, solo perché avevo aspettato 3 mesi 3 dalla comparsa di quella tosse strana (cattiva padrona, cattiva padrona) prima di portarla a visitare. Era caldo come adesso e tornando a casa dopo la visita dal veterinario ho seriamente pensato che morisse, mi guardava con una faccia terrorizzata, ansimava con la bocca aperta, quel pezzo della via Emilia, in auto, a 70 gradi all'una di pomeriggio, mi è sembrato infinito. Cantavo per rassicurarla, però cantavo piangendo anche io. O forse erano le gocce di sudore dagli occhi. 
Ma la gatta è ancora tra noi e quell'estate l'abbiam passata a fare l'aerosol e a darle l'antibiotico (leggi: conficcarle la pasticca in gola). 
La cosa fantastica è che per i veterinari è tutto facilissimo. Poi torni a casa.

Come si fa l'aerosol ad una gatta? La si infila nel cesto (ho usato un cesto grande da cane, non sono una torturatrice), si copre il cesto con un asciugamano in modo che la medicina non esca (dentro al cesto si crea una temperatura di sei milioni di gradi), la gatta si deve respirare la medicina finché finisce tutto TUTTO il liquido nell'ampolla e si sta lì, con la gatta, rassicurandola mentre lei piange e ti guarda con quegli occhi indescrivibili e molto eloquenti. Una volta credo di aver sentito nettamente uscire da quello sguardo una frase tipo Quando esco di qua comincia a correre. 
Ho cantato anche in quell'occasione, per me, non per lei, per consolarmi, e anche lì le lacrime (o sudore dagli occhi), con i figli che dicevano: mamma, capiamo il vostro dolore, la vostra fatica, ma cantare no, per favore no.

E' stata durissima. Ogni volta che la chiamavo lei sapeva che era per quello ed era una gara dura riuscire a prenderla.

Per fortuna, nonostante sia asmatica cronica, non abbiamo più avuto emergenze da aerosol.

Quest'anno si è presa l'otite. Appena ho notato come si grattava insistentemente l'orecchio destro e che scrollava la testa come un cane ho pensato di portarla a far vedere. Un  secondo "ma sei matta la vuoi uccidere?" non lo avrei emotivamente retto. 

 Non vi dico cos'è metterle le gocce nelle orecchie.



giovedì 3 agosto 2017

dichiarazioni storiche


Voglio tornare là.



"Andare contro le onde è come con la mamma: perdi". 
Nicolò, Grecia, luglio 2017.
(E' quello di cui si vedono solo le gambe)



mercoledì 2 agosto 2017

Loro non lo sanno

Passeggio la mattina presto, c'è la bassa marea, poche persone, per lo più mamme con i passeggini e signore con il sedere in su a cercare telline o canocchie. Penso che la riviera abbia il suo fascino e, anche se mi manca molto e l'acqua qui non è così cristallina, non soffro troppo il ritorno dalla Grecia. Sono ancora piena di immagini, profumi, storia, visi, sapori di quella terra stupenda ma tant'è, le ferie finiscono.

Poi, camminando, vengo attratta da alcuni disegni sulla sabbia, lì dove ancora non è arrivata la marea, e in un primo momento penso a resti di disegni del giorno prima ad opera di qualche turista. Poi però mi accorgo che no, non sono disegni intenzionali, scopro che si estendono per vari metri, capisco che sono il segno del passaggio delle lumachine che, in quel punto e solo in quel punto, hanno creato qualcosa di unico. 

L'area disegnata è abbastanza estesa e non sono riuscita a fotografare tutto, o meglio, le altre foto non rendono, ma era da incantarsi, disegni elaborati arricchiti in alcuni punti dall'impronta dei gabbiani.

Loro non lo sanno, ma mi hanno offerto un quadro unico.


(metto solo questo piccolo particolare in cui vedo un racconto, forse lo leggete anche a voi)

mercoledì 5 luglio 2017

la siesta pomeridiana sembra di no ma è pericolosa

Devo essere davvero stanca, molto stanca, sono i primi giorni di ferie e si vede che la stanchezza di un anno mi sta cadendo addosso tutta insieme, tutta in una volta, come essere sotto a una cascata di stanchezza, insomma succede che come mi appoggio dormo. Solo che succedono cose strane, mentre dormo dove mi appoggio, per esempio prima che mi sono stesa sulla branda in terrazza a leggere e dopo poche pagine del libro che sto leggendo che si chiama Senti le rane, di Paolo Colagrande nottetempo edizioni Roma, ecco, che mi stavano anche piacendo, mi sono addormentata tantissimo, quell'addormentarsi tanto da avere freddo e infatti mi son fatta portare una coperta da mio figlio piccolo e ricordo che oggi è il 5 luglio. Poi dopo succede questo, è qui che voglio arrivare, che mentre dormo sento il terremoto, non è la prima volta che mi capita, anche quando mi addormento nel letto, sento il terremoto, e siccome nessuno si scompone, devo supporre che il terremoto lo sento dentro al corpo, non so spiegare meglio di così. Dormendo, sulla branda, mi è successo che ad un certo punto ho sentito proprio il terremoto e pensando che non era il terremoto ho anche sgridato (ma nella mente, perché son quelle situazioni che parli pensando di parlare ma invece non esce la voce) ho anche sgridato mio figlio grande che ero convinta che mi stesse muovendo la branda uno due tre volte. Poi mio figlio piccolo mi sembra che mi ha detto Ciao mamma io vado e mi ha dato un bacio sulla guancia ma io non ho avuto la forza di fare niente, neanche di guardarlo, niente. Poi ho sognato che volevo aprire gli occhi ma non ce la facevo per il sonno, e poi ho sognato un mio vecchio amico, era con me nella branda, non abita nemmeno qua vicino e non lo vedo da credo dieci anni, gli voglio un gran bene, che abbiamo fatto i ragazzini insieme, negli anni ottanta o giù di lì, gli ho detto sorpresa e felice Ma ciao ma te qua! ma che gioia come stai? e intanto però non riuscivo ad aprire gli occhi e allora gli chiedevo Posso toccarti la faccia per capire se sei proprio tu? e lui Sì certo. Ed era proprio lui.

Ho dormito credo tre ore (dormito si fa per dire perché son quelle sieste pomeridiane faticosissime a pensare a tutto quello che è successo, terremoto compreso).

Non so, forse ho qualcosa che non va al cuore, boh.

Poi sento anche i fischi nelle orecchie. 

Sto 'na gioia.

martedì 4 luglio 2017

son monotematica, ma anche no

Ogni momento libero ti vien da usarlo al pianoforte, provare per credere, quindi il discorso è un po' monotematico ma in fondo adesso vi parlo anche di cacca, sì perché alcuni bambini, da piccoli, quando iniziano a fare la cacca nel water hanno bisogno di spogliarsi nudi, allora vedi che partono da lontano verso il bagno e si tolgono man mano tutto e arrivano alla tazza nudi, e solo allora riescono in totale libertà e felicità a portare a termine il compito.

Ma cosa voglio dire con questo? Non ho mai capito il perché di questo bisogno di nudità nello sforzo sfinterico e francamente non è che abbia passato notti insonni per cercare di capire, ma oggi, ora che al pianoforte provo questo pezzo per me molto difficile, ho capito tutto, mi è apparsa la verità, me l'ha rivelata il corpo, e l' ho capito in quel modo in cui si capiscono le verità profonde della vita, cioè in maniera immediata e senza alcun nesso logico apparente a supportare la comprensione: provo una terzina una, due, dieci, venti volte e mi viene voglia di spogliarmi nuda per lo sforzo, quasi che da nuda io possa riuscire nell'impresa.

Mi sono tolta le scarpe, massima nudità che mi concedo. In fondo la cacca la faccio da vestita, sono diventata grande, ormai.

domenica 2 luglio 2017

Meglio non indagare troppo

Poi ad un certo punto mi guardo i piedi e vedo che mi hanno scambiato di posto gli alluci. I miei piedi così son strani, penso mentre li ammiro, gli alluci guardano verso l'esterno, ma dì te, a breve guarderanno dritto, l'ho sempre desiderato, che i miei alluci guardassero dritto. 
Poi mi sono svegliata, ma tipo tre giorni fa, però sono ancora qua che ci penso.


mercoledì 28 giugno 2017

Tira un vento, ma un vento

Una cosa che non mi sarei mai aspettata nella mia vita e che avrei suonano il piano; bene o male non fa differenza. Un'altra cosa che non mi sarei mai aspettata è che lo avrei fatto con un pubblico che sta ammollo in piscina (obbligato perché la suddetta ha come vista il mio salotto). Ma soprattutto, dico soprattutto, quello che meno mi sarei aspettata è di suonare tasti coperti dalla sabbia che entra dalla finestra.

giovedì 25 maggio 2017

dare per scontato

Quando mi parlano di gambe rotte, operazioni agli occhi e altre meravigliosi interventi sul corpo mi vengono i brividi nelle gambe. Sono brividi strani, come una scossa che brucia dal ginocchio in giù e spero smettano presto di parlarne. Mi è sempre successo ma il punto è che ho sempre pensato che fosse così per tutti. Non lo pensavo solo per i brividi alle gambe, per me tutti sentivano e ragionavano come ragionavo e sentivo io, almeno per eventi quotidiani, semplici, di tutti i giorni.

Poi, e per alcune cose solo di recente, mi son resa conto che non è così. Quale sorpresa, quale curiosità. Siamo diversi, che banalità, ognuno di noi ha un mondo dentro tutto suo e un modo originale di vedere e leggere quello che c'è là fuori. 
Fare la tara sulla sensibilità.

(Sono così concentrata su di me).

Oggi, mentre tornavo a casa in macchina, mi sono resa conto che non sono i segnali stradali a darmi i punti di riferimento. Io guardo gli alberi. 

Oggi ho pensato che forse non è così per tutti e mi sono po' stupita.

venerdì 19 maggio 2017

non voglio più muovermi da qua

Quindi sto continuando a studiare il pianoforte, ho ricominciato appena finito il trasloco, sono andata avanti e gli esercizi mi stufano e allora ho preso uno spartito e adesso mi sono innamorata di un pezzo che per il mio livello di autodidatta anziana è assurdamente difficile ma talmente bello, e lo sto imparando piano piano, e mentre suono mi catapulto indietro nel tempo, ho vent'anni sono a Bologna per le viuzze del centro, sono tutta lì, ho le stesse emozioni la stessa gioia la stessa età lo stesso sentire, suono suono suono, e dentro sono un misto di roba incredibile, e immersa in questo godimento penso che è vero che il tempo non esiste e che quello che esiste, invece, è che quando sei su uno strumento tutto il resto sparisce.
Adesso ho capito.