mercoledì 27 settembre 2017

vai a capire

Oggi a scuola abbiamo festeggiato i compleanno di 5 bimbi. Di solito cantiamo la canzone tanti auguri a te in italiano, in inglese, in spagnolo, poi inventiamo quella cinese e oggi ho l'ho cantata anche in francese.

Col francese, ma quanto hanno riso, quanto.
Roba da non credere.

venerdì 22 settembre 2017

di libertà e dintorni

Un giorno mi è venuto da pensare alla libertà e ai trasgressivi e mi è venuto in mente che uno, se si sente un po' tipo obbligato a essere trasgressivo, perché ormi ha quella faccia lì, da trasgressivo, non è mica poi tanto  libero, pensavo.

domenica 17 settembre 2017

una domenica a

Una domenica a

lavare stendere stirare
aspirare lavare
svegliare figlio grande
riordinare nei cassetti
mangiare con figlio grande
lavare stendere
salutare figlio grande
stirare
guardare serie tv
una pesca
riordinare cucina
un te
(coi biscotti)
riordinare nei cassetti
guardare un'altra puntata.

Suonare.
Suonare suonare suonare.


sabato 2 settembre 2017

Stare

Mi dice: la notte prima delle due non dormo; le dico, io non riesco ad andare oltre mezzanotte, poi crollo, e la mattina devo stare su, non riesco a stare nel letto. Sei come tuo padre, mi dice; sei come Lele, le dico.
Chi fa la guardia contro i lupi, se tutti dormiamo? le dico. 
Giusto, mi dice. 

Silenzio.

Ci sono di nuovo i lupi, vicino a dove abitiamo noi, mi dice.
Per fortuna, le dico; stanno tornando, erano in via di estinzione.

E i cervi, mi dice lei. Che poi ti attraversano la strada e se li prendi sotto ti tocca anche pagarti i danni alla macchina, conosco diverse persone a cui è successo. Il papà li ha visti ma non ne ha mai preso sotto uno. Per fortuna.

Per fortuna, dico.

Silenzio.

Io faccio le parole crociate, lei fa un solitario, siamo una accanto all'altra. 

Fai spesso quelle robe lì? 
Sì. E tu i solitari?
Sì.

Silenzio. Una accanto all'altra.

Ricordo una volta, avrò avuto tre anni, ero a casa di mia zia, mi ero svegliata dal riposino e mia zia doveva badare a mia cugina, appena nata e a mia sorella, di due anni, e mi ha detto Stai seduta qui sulla poltrona, io arrivo. Io ricordo che sono stata seduta lì, ricordo che ho guardato a lungo la poltrona, color marroncino chiaro, ricordo il tessuto, velluto, ricordo la forma, era strana, senza braccioli, poi ho guardato la stanza, ricordo che mi incantava il movimento delle tende, bianche, mosse dal vento. Ricordo che mi guardavo le mani, i piedini  (che non uscivano dalla seduta della poltrona) e le scarpette blu, quelle con i buchi, i sandaletti di noi nati negli anni settanta. Ricordo il pavimento. Ricordo che non pensavo a niente, stavo, guardavo, ma non pensavo, non analizzavo, non mettevo ordine, non catalogavo, non cercavo analogie, non cercavo differenze, non cercavo di rendere quella cosa una conoscenza utile, non producevo nulla, non cercavo alcuna utilità. Ricordo spesso quel giorno con una sorta di nostalgia perché una pace così io non l'ho più provata e ogni tanto ci provo, a stare come stavo a tre anni. A stare e basta.

Poi dopo un po', non so quanto ma deve essere stato tanto tempo a giudicare dalla sorpresa, lei è entrata e ricordo che mi ha detto Ma sei ancora qui, tu? Certo che sono qui, e bene che sto.

Un po' più grande, ma non tanto, mentre me ne stavo per i fatti miei a giocare, a volte mi accadeva di accorgermi che stavo pensando, allora mi fermavo, bloccavo l'ultima cosa pensata e poi andavo indietro per recuperare la catena di pensieri spensierati che mi avevano condotto a quel pensiero là, quel pensiero che in quel momento mi ero accorta di pensare. Veniva fuori una catena lunghissima di pensieri in qualche modo collegati uno all'altro e scoprivo anche quanto fossero però sconnessi al discorso generale, nel senso che non c'era un discorso generale, c'era una catena di pensieri legati tra loro ma senza un argomento principale, e mi divertivo un sacco. Ridevo. Poi tiravo una specie di sintesi, avevo iniziato con, supponiamo, il colore del mattoncini lego che avevo in mano ed ero finita a pensare a quante erre ci fossero nei nomi della mia famiglia. Poi mi divertivo a capire cosa avesse legato cosa, come fossi passata da un pensiero, che a volte poteva anche essere un'immagine, ad un altro, a quanto la prima cosa e l'ultima  fossero totalmente lontane tra loro, eppure appartenevano alla stessa catena. La cosa interessante è che questa analisi era totalmente priva di giudizio, non mi chiedevo il senso o il motivo o il perché avessi pensato a questo o quello, semplicemente giocavo, mi incuriosiva moltissimo il funzionamento del mio cervello, osservare come fosse in grado di creare relazioni tra pensieri velocemente, e mi divertivo a cercare la logica del collegamento, ma non significati reconditi. Semplicemente osservavo qualcosa che succedeva dentro la mia testa, era un gioco disponibile, divertente e ogni volta unico.  

Ecco, vista da fuori devo aver dato spesso l'impressione di una che non faceva niente, invece mi accorgo ora di quanto quei giochi e quegli esercizi spontanei siano genitori di alcune capacità analitiche e creative che mi ritrovo anche oggi, da adulta, e di quanto mi siano stati spesso utili in passato.

Vorrei ringraziare chi mi ha lasciato stare lì.